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mercoledì 2 marzo 2011

Delitti : Il delitto di Cogne

Delitti : Il delitto di Cogne



Anna Maria trova il corpo straziato di suo figlio Samuele. Le indagini rivelano il più tragico dei sospetti. Inizia uno dei casi più discussi degli ultimi anni.

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Il delitto di Cogne fu un caso di omicidio avvenuto il 30 gennaio 2002 in una villetta di Montroz (pron. Montrò, talvolta ortografato come "Montrod"), frazione di Cogne, a danno di un bambino di tre anni, Samuele Lorenzi.
Il 21 maggio 2008 la Corte di Cassazione riconobbe definitivamente come colpevole del delitto la madre del piccolo, Annamaria Franzoni.
Il caso ebbe una rilevanza mediatica notevole principalmente a causa del talk show Porta a Porta condotto da Bruno Vespa e alla apparente decisione della difesa di utilizzare il mezzo televisivo per ottenere l'appoggio dell'opinione pubblica che, almeno nelle prime fasi del processo che seguì, di fatto si divise fra innocentisti e colpevolisti.

Il delitto di Cogne nei fatti
La mattina del 30 gennaio 2002, alle ore 8;28, Il 118 ricevette una telefonata di Annamaria Franzoni che chiese concitatamente aiuto, affermando di aver appena rinvenuto il figlio di tre anni, Samuele Lorenzi, nel proprio letto matrimoniale e che questi "vomitava sangue".
La Franzoni, alle ore 8;27, avvisò anche il medico di famiglia, Ada Satragni, che intervenuta per prima, ipotizzò un'improbabile causa naturale, un aneurisma cerebrale , insistendo per diverso tempo su questa versione e confermandola persino in una intervista televisiva, nel corso della quale giunse persino ad affermare che il pianto disperato del bambino scopertosi solo in casa avrebbe potuto provocare "l'apertura della testa". Effettivamente era presente una profonda e frastagliata ferita sul capo del bambino, dal quale usciva della materia grigia e che vistosamente era stata procurata da un'azione violenta. La dottoressa inoltre lavò il volto ed il capo del piccolo e lo spostò fuori casa - nonostante il freddo intenso - su una barella improvvisata con un cuscino. Tali gesti, certamente motivati dalle urgenti manovre di rianimazione, hanno tuttavia alterato irreparabilmente la scena del delitto e le stesse condizioni della vittima.
Ai soccorritori del 118 sopraggiunti in elicottero, anche per via dello stato dei luoghi, apparve subito chiaro che le devastanti ferite sul capo del bambino erano frutto di un deliberato atto di violenza. Vennero perciò avvisati i carabinieri, che compirono poi i primi sopralluoghi nella villetta.
Il piccolo fu dichiarato morto alle ore 9;55. L'esame autoptico, rivelò come causa reale una serie di colpi - almeno diciassette - sferratigli con un corpo contundente alla testa. Sul capo della piccola vittima furono rinvenute microtracce di rame, che suggerivano che il bambino fosse stato colpito con un oggetto realizzato con questo metallo, come ad esempio un mestolo ornamentale. Furono inoltre rinvenute lievi ferite sulle mani, riconducibili probabilmente ad un estremo tentativo e disperato di difesa. Quaranta giorni dopo il delitto Annamaria Franzoni fu iscritta nel registro delle notizie di reato con l'accusa di omicidio.
Al termine del processo di primo grado, nel 2004, la Franzoni fu condannata con rito abbreviato alla pena di 30 anni di reclusione. La colpevolezza venne poi ribadita nel giudizio d'appello, conclusosi il 27 aprile 2007 con una sentenza che ne ridusse la pena a 16 anni; ciò grazie alla concessione delle attenuanti generiche, che furono ritenute equivalenti all'aggravante della commissione del fatto nei confronti del proprio discendente.
I legali della Franzoni proposero quindi ricorso in Cassazione; in attesa del pronunciamento la donna rimase libera: i giudici esclusero la sussistenza di esigenze cautelari (pericolo di fuga, di inquinamento delle prove, di reiterazione del reato).
La difesa di Annamaria Franzoni passò, in ordine cronologico, ai celebri avvocati Carlo Federico Grosso (luminare italiano e professore universitario), Carlo Taormina (parlamentare e politico italiano), e infine, dopo l'abbandono della difesa da parte di Taormina per protesta, anche a seguito di una lunga e molto discussa campagna mediatica che vide Taormina impegnato nella duplice veste di difensore e parlamentare, a un legale d'ufficio, Paola Savio.

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1 commento:

  1. Taormina ha sbagliato completamente strategia, si è fatto bello gettando fango sulla procura e sul RIS, alla fine i suoi errori li ha pagati la Franzoni. Tutta l'antipatia che ispirava nel pubblico si è trasferita sulla sua cliente. Quel piagnucolio continuo dell'Annamaria poi, era insopportabile. Se avesse confessato quello che aveva fatto a quest'ora sarebbe a casa con i suoi figli. Continuare ad insistere sull'innocenza contro ogni evidenza, accusare ora questo ora quello, la costruzione di prove false (impronta nel garage), mostrano che non c'è ravvedimento. Questo è quanto sconvolge di più di questa vicenda.

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