L'era del terrore le bombe dell'IRA
Negli anni della sua attività, l'IRA ha portato alla morte più di 3000 persone prima di raggiungere una situazione di pace.
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Siamo nel Surrey, sud est della Gran Bretagna. La cittadina di Guildford si trova a 50 km circa da Londra, sull’autostrada A3, quella che lega la capitale a Portsmouth. In North Street un negozio di mobili ci informa sul suo nome: Lombok.
Niente di speciale, se non fosse che, trentaquattro anni prima, a farla da padrone fra i metri quadrati dei locali oggi colonizzati dall’odore acre della formaldeide, c’era il fumo delle sigarette assieme alle fragranze dolciastre dei deodoranti sui maglioni dei ragazzi lì riuniti i sabato sera.
Trentaquattro anni fa, il Lombok probabilmente neppure esisteva nelle mente degli attuali proprietari. Trentaquattro anni fa da queste parti comandava la musica dei pub e la schiuma delle birre, quella dell’Horse and Groom per esempio, antenato improbabile del negozio di mobili che ora ne ha preso il posto.
Il 5 ottobre 1974, i “provos” dell’Irish Republican Army (IRA) pensarono bene di mescolare birra e profumi a sangue e gelignite: una bomba per l’Horse and Groome e un’altra per il vicino pub del Seven Star.
Quella all’Horse fermò gli orologi alle 8 e 30 della sera. Al Seven Star invece, tutto accadde mezz’ora dopo, quando il locale era già stato evacuato. Sul campo restarono i corpi senza vita di 5 persone; i restanti 65 feriti erano già in viaggio per gli ospedali della zona.
Vittime di quell’attentato, i frequentatori abituali di entrambi i pub: militari inglesi.
Fu l’inizio della campagna di terrore che l’IRA scatenò direttamente sul territorio inglese in risposta alla repressione che da almeno cinque anni (dalla battaglia del Bogside del ’69, al Bloody Sunday del ’71 in poi) l’esercito di Sua Maestà stava mettendo in atto in Irlanda del Nord.
L’attentato di Guildford ebbe però un seguito ancor più drammatico quando, nel dicembre del 1974, la polizia britannica arrestò Gerry Conlon, Paul Hill, Patrick Armstrong e Carole Richardson con la falsa accusa di essere stati gli esecutori materiali dell’atto.
Ai quattro, stremati dalle torture e dai ricatti cui li sottopose la polizia, fu estorta una confessione nelle ventiquattro ore successive all’arresto. Hill e Armstrong furono accusati perfino degli attentati di Kings Arms e Woolwich.
Una giustizia celere oltre ogni aspettativa emise nell’ottobre del ’75 la sua sentenza: pena di morte per tutti. La condanna fu poi tramutata, probabilmente per mettere in risalto la magnanimità della corte, in carcere a vita.
Pur professandosi innocenti, pur avendo tentato con ogni mezzo di portare a galla la verità, i quattro ragazzi passarono ben 14 anni in prigione prima che, nel 1989, un detective impegnato nella revisione del processo a Patrick Armstrong, notasse come numerosi brani della dichiarazione rilasciata la notte dell’arresto dal suo assistito erano stati pesantemente rivisti e corretti dalla polizia.
Fu in base a questa fortuita scoperta che il caso fu riaperto e il processo rivisto.
Quelli che per l’opinione pubblica erano solo assassini sanguinari al soldo dell’IRA, divennero ben presto i “Quattro di Guildford”, esempi viventi di una giustizia finalmente imparziale.La sentenza di assoluzione piena arrivò poco dopo anche se per gli apparati della polizia coinvolti non ci furono conseguenze di sorta.
Un celebre film del ’93 diretto dal regista Jim Sheridan e dal titolo “Nel nome del padre” (protagonisti Daniel Day-Lewis, Pete Postlethwaite e Emma Thompson) ha ripercorso la storia dei Quattro di Guildford e di Patrick “Giuseppe” Conlon (padre di Gerry Conlon) che, ingiustamente arrestato con l’accusa di fiancheggiamento, perse la vita durante la prigionia, ennesima vittima di una vicenda drammaticamente attuale.
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