Tabù: A mali estremi...
In tutti i paesi del mondo ad ogni crimine corrisponde una pena precisa. Ma quella che è considerata giustizia da una parte, è una crudeltà da un'altra.
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Il Kanun, o Kanuni (Canone, etim. gr. κανών), di Leke Dukagjini è il più importante codice consuetudinario albanese tra i numerosi codici creatisi nelle zone montane dell'Albania nel corso dei secoli. Le esatte origini del Kanun sono tutt'ora poco chiare, visto che la totalità dei comportamenti descritti erano già presenti negli albanesi del medioevo se non prima. In forma scritta invece, lo si trova per la prima volta nel XV secolo, formatosi sull'iniziativa di Leke Dukagjini, il quale raggruppò questi concetti della vita sociale facendone la legge civile. Verrà poi tramandato principalmente in forma orale.
Dopo che resistette per secoli al dominio ottomano, il Kanun era ancora presente nella vita del paese, quando quest'ultimo ebbe l'indipendenza nel 1912. In questi anni, Shtjefen Gjeòov, un frate francescano originario del Kosovo, raccolse di nuovo quello che era stato tramandato nel tempo viaggiando p la maggior parte dei territori abitati da albanesi. In tutto si trattava di 12 libri scritti nel dialetto ghego della lingua albanese.Il Kanun-che risale al 1400e che é stato riportato in forma scritta dopo la caduta del regime comunista da Enver Hoxha-regola da secoli la vita sociale nelle zone più arretrate dell'Albania, soprattutto nel nord. Fra l'altro il codice fissa in maniera rigorosa il diritto di vendicare l'uccisione di un parente, colpendo i parenti maschi dell'assassino fini al terzo grado
Eccezion fatta per questi due punti storici, la maggior parte è stata tramandata oralmente, visto l'analfabetismo nelle zone remote, e il testo era in mano di persone colte che occasionalmente accettavano e consigliavano persone che erano cadute in una contraddizione. Molti concetti, come l'autorità del pater familias, il diritto alla proprietà privata e la sua integrità, il diritto alla successione e altri aspetti della vita famigliare derivavano dal diritto latino, invece il particolare modo di farsi giustizia personalmente, coinvolgendo anche altre persone, sembrano avere origine illiriche. D'altronde, molti sostengono che nel codice ci sia anche un'influenza greca, facendo in modo che il tempo in cui è da collocarsi sia ancora più antico.
Successivamente, le emigrazioni degli albanesi portarono tale codice anche in Italia, soprattutto in regioni come la Puglia, la Calabria, la Basilicata e la Sicilia, in cui intanto stavano prendendo piede i movimenti di rivolta contro le baronie che affamavano la popolazione, fornendo un'etica ai fenomeni della brigantaggio e poi della mafia.
Durante la monarchia albanese, il re Zog I lo vide come una minaccia per il potere dello stato e un impedimento per la creazione di un paese moderno. Anche se sarà ufficialmente abolito, il Kanun disciplina ancora la vita degli albanesi. Persino il monarca in persona sarà molte volte vittima di tentativi di omicidio contro di lui, sempre basati sul Kanun. Nello stabilirsi del sistema comunista, che cambierà radicalmente la società albanese, l'etica del canone andrà a perdersi nella maggior parte dell'Albania, invece al nord resistette più a lungo.
Attorno alle "leggi" del Kanun si muove un romanzo di Ismail Kadare, Aprile spezzato.
Temi disciplinati
Regolando da secoli la vita nelle zone montuose a nord del paese il codice si occupa sia di diritto civile che penale disciplinando numerosi aspetti tra cui: i diritti e le immunità della Chiesa, la famiglia, il fidanzamento e il matrimonio, la proprietà privata e la successione, il lavoro, i prestiti e le donazioni, il giuramento e la besa, l’onore, il risarcimento dei danni, i delitti infamanti, la vendetta, il codice giudiziario degli anziani, i privilegi e le esenzioni.
La Famiglia
Il sistema familiare codificato dal Kanun è di tipo patriarcale e si basa sul clan: una famiglia allargata con a capo il maschio più anziano. La famiglia era la più piccola unità del clan, i quali, visto l'isolazione del terreno, si estendevano in una determinata area. I matrimoni erano anche uno strumento per stabilire alleanze tra famiglie e clan, per questo erano concessi solo a due individui che non risultavano cugini nemmeno di un lontano grado. Era previsto anche il divorzio (anche se visto male), e in tal caso i figli maschi passavano alla madre e le femmine al padre.
Il codice prevedeva anche un rito, con il quale due persone potevano diventare fratelli, anche legalmente.
Individuo
Il Kanun imponeva le sue regole ai suoi individui, i quali li dovevano in seguito insegnarlo ad altri. La persona non conosceva altre persone superiori a lui in dignità, e doveva ribellarsi in ogni occasione in cui veniva violata la sua libertà. L'opposizione alla schiavitù era molto forte:
« Il Kanun delle montagne dell'Albania non distingue le persone l'uno dall'altro. Sono tutti uguali, anima per anima, davanti a Dio »
(Kanun, Libro VIII, Capitolo XVII, punto 593 (edizione del 1933 stampato a Scutari))
La Besa
La besa, che non trova una precisa traduzione nelle altre lingue, ma letteralmente significa parola data, fiducia, promessa o fede, era appunto una promessa che doveva essere mantenuta anche a costo della propria vita. La parola data (visto che spesso si mancava di atti scritti) era irrevocabile, ed era necessario mantenerla per salvare l'onore.
L'ospitalità
L'ospitalità, che sicuramente ha un'origine più lontana, era uno dei valori principali degli albanesi, visto che buona parte di questo canone era spietato se non sanguinoso. Una persona doveva essere ospitata ed onorata ad ogni costo. In molti casi, si finiva per ospitare anche momentalmente persone "avversarie", appartenenti ad un clan nemico, ma la legge valeva lo stesso anche in questo caso. Infatti, riguardo all'ospitalità, il Kanun sottolinea:
« La casa di un albanese è di Dio e dell'ospite. »
(Libro VIII, capitolo XVIII, punto 602 (edizione del 1933 stampato a Scutari))
La vendetta
Viene regolato dal Kanun anche il sistema delle vendette di sangue, consuetudine antichissima di origine illirica. Viene fissato in maniera rigorosa il diritto di vendicare l'uccisione del proprio familiare, colpendo fino al terzo grado i parenti maschi dell'assassino. Adempiere alla vendetta è considerato un obbligo, pena il disprezzo da parte della collettività. Il perdono da parte dei parenti offesi è previsto e regolato da uno specifico rituale.
Il perdono, considerato saggio quanto l'omicidio, poteva essere applicato su ogni famigliare, tranne per l'ospite.
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